In punta di penna. Di Super League
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Il gioco non c’entra per nulla.
Di calci ne meriterebbero in tanti.
Sconfitti lo sono tutti.
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I fatti.
Con modalità per lo meno atipiche, più imprenditori calcistici annunciano la nascita di una nuova competizione, di fatto “privata”.
Un torneo che consentirebbe (pure) ai proponenti di emanciparsi da un ente europeo che governa “senza concorrenza” il calcio e che ne amministra le risorse che servono (anche) a retribuire con un compenso di 2,4 milioni annui il presidente della Uefa.
Orbene, in una Europa sconquassata dal Covid, incapace di procurarsi i fondamentali vaccini, per tre-quattro giorni qualsiasi narrazione riguardante altri temi viene sospesa sull’altare del calcio.
Tutti contro i cospiratori, un poco improvvidi, che hanno violentato un’idea di calcio “romantico” (?!?) auspicando una competizione diversa in grado di catalizzare più pubblico, più attenzione, più soldi.
Si sono scomodati capi di stato e di governo ed una prima (ma già definitiva e sufficiente) fronda ha di fatto tolto ossigeno alla neonata creatura.
(Su questo aspetto ci sarebbe da domandare ai presidenti-imprenditori proponenti: “ma quando parlate di un’iniziativa economica, fate poi seguire delle scritture che prevedano clausole, modalità di recesso, penali..”. Da come si è sciolta come neve al sole la mai nata competizione, mi sovviene che l’atto costitutivo potrebbe essere stato scritto con inchiostro simpatico.)
Il personaggio che non ti aspetti.
In tutta questa storia buffa sale sul palco colui che governa il calcio europeo.
Dal presidente dell’Uefa (2,4 milioni all’anno di compenso, ribadisco) mi sarei aspettato poche e misurate dichiarazioni. Invece nei giorni a seguire Ceferin rinfrancato e sentitosi spalleggiato da stampa, cancellieri scapigliati, presidenti di squadre non invitate, gruppi di tifosi è stato protagonista di una spropositata valanga di dichiarazioni rancorose, minacce, sofismi.
Di “ricomporre” Ceferin non ha mai parlato, a comprendere non ci ha proprio provato. Ha prevalso un’inaspettata, non medidata, poco politica arroganza, mista ad un’inaspettata (per un presidente) sete di vendetta.
Le ultime dichiarazioni circa la certezza di punizioni e sanzioni mi hanno lasciato basito.
Nel calcio professionistico europeo esiste il diritto? Esistono dei tribunali?
Non sono domande retoriche. Sorgono spontanee quando bypassando indagini, gradi di giudizio, norme, regolamenti, appelli, la sete giustizialista del massimo vertice europeo che gestisce il calcio ha già emesso la sua sentenza.
Forse sono stati improvvidi ed inadeguati i presidenti proponenti.
Certo è che questo governo del calcio europeo non è all’altezza di gestire un movimento che, sono convinto, meriterebbe altre regole ed un’altra guida.
E concludo: come è garantito il diritto alla concorrenza nel calcio europeo?
Urge una riforma strutturale.
La pandemia ha stravolto i paradigmi.
I presidenti impresari possono essere letti come una malattia, la Uefa non è la cura.