✍🏽 Non sono stati sufficienti l’onda lunga della crisi partita nel 2006, varie guerre ed infine la pandemia ed il successivo conflitto russo-ucraino a (ri)consegnarci una coscienza di paese.
Quello italiano è un popolo che sulle macerie della seconda guerra mondiale ha vissuto un boom economico, è riuscito ad uscire da un lungo e terrificante tunnel legato alla stagione del terrorismo, è sopravvissuto a varie crisi energetiche.
Ho sempre avuto la percezione di una nazione capace di essere monolite quando, all’ultimissimo secondo, con più di un piede nello strapiombo, raschiando sotto il barile, riusciva in imprese strabilianti. Si diceva della Democrazia Cristiana, falcidiata dalle correnti, di avere la forza di essere testuggine prima degli impegni importanti. E così pure nello sport, per non essere prolisso rimando alle affermazioni ai mondiali di calcio del 1982 e 2006, dove partivamo con il ruolo di comparse
Non so se sia in forza di un mio pessimismo di fondo dovuto a ragioni anagrafiche ma il colpo di reni non lo immagino neppure più, prevale un senso di abbandono.
Troppa approssimazione, troppo pressappochismo, troppa cialtroneria, a cominciare da una classe politica che sconta la pochezza della mancanza di pensiero.
La causa è una sola: è venuta meno la cultura.
La politica, l’imprenditoria, alcuni pezzi della chiesa sono profondamente ed irreparabilmente ignoranti.