Di Ferragni
/in Senza categoria/da scaralbHo scoperto chi fosse la Ferragni dopo il matrimonio con Fedez, non perché fossi un fan del rapper ma per altre situazioni legate proprio all’evento.
Dopo di ciò, dopo che tutto era finito nel dimenticatoio, nel cassetto delle cose di cui non mi può fregar di meno, scoppia il pandoro gate.
Lungi dal voler sapere se l’influencer abbia o meno sbagliato, lo deciderà la magistratura, la cosa che mi ha schifato è l’italiota capacità di salire e scendere dai carri, le prese di distanza, il godimento provato nella caduta del mito.
Al centro, per forza, l’invidia.
Mi spiego: un soggetto, donna, carina che fa un mucchio di soldi, fa provare godimento quando inciampa.
Alcune considerazioni in maniera didascalica:
– un milione di euro la Ferragni li ha donati per davvero;
– quello della influencer, non è ciò che sto facendo ora io, scrivere due pensieri su di un social, è un’attività che richiede impegno, tempo, competenza, credibilità e se la Ferragni è riuscita in tutto ciò è perché è stata più brava di tutti quelli che ci hanno provato. Quello dell’influencer non è un lavoro? Cari boomer e non solo, prendete atto che la sfera sulla quale viviamo è in continua evoluzione. C’erano le musicassette che vennero soppiantate dai CD e già sembrava che si fosse arrivati al top, poi vennero i DVD, poi la fruizione della musica è andata sulle strade di silicio e magari si evolverà ancora… È il progresso. Magari non ci piace, ma -di fatto- siamo in continua evoluzione .
Fra qualche tempo la figura dell’influencer potrebbe definitivamente sparire e la Ferragni dovrà inventarsi o trovare, un altro lavoro.
Lo ammetto: ho messo mi piace alla sua pagina come gesto simbolico, del quale la suddetta non si accorgerà mai, non per solidarietà (della mia non credo la Ferragni abbia bisogno) ma contro tutte e tutti coloro che provano invidia, che speculano sulla situazione, che godono delle disgrazie altrui e che, cinicamente pure, approfittano dei guai degli altri per un poco di miserabile visibilità.
E chest’è.
Morti su lavoro
/in Senza categoria/da scaralbProvo dolore, incazzatura e rammarico.
Un morto su tre per incidenti sul lavoro (tantissimi) ha più di 60 anni.
La classe politica si straccia le vesti ma non si sofferma sul fatto che una donna od un uomo a 67 anni (al momento l’età per andare in pensione) non possono avere la forza, i riflessi, la lucidità per affrontare certe attività lavorative. Ed allora basta con questa ipocrisia di facciata. Moriremo lavorando, certi del fatto che qualche personaggio politico avrà un nuovo morto per dolersi.
(Sulla questione subappalti, anche qui ipocrisia al cubo, situazione per la quale tutti fanno finta di non sapere, scriverò fra qualche giorno, perché oggi sono già troppo frullato)
Alberto Scarino
Mi chiamo Alberto Scarino e questo è il mio sito personale.